Caso Airbnb, i Comuni vogliono la tassa di soggiorno.

L’economia collaborativa è letteralmente esplosa nel settore extra-alberghiero e, a seguito dei dati emersi nel corso del primo forum a Milano sulle Temporary Home, si è riaccesa la polemica sul sommerso che si cela dietro la sharing economy.

Dopo gli albergatori, sono ora i Comuni italiani a richiedere al Parlamento un deciso intervento regolatorio per consentire la raccolta della tassa di soggiorno come avviene in altre grandi città europee dove il fenomeno è ormai un segmento consolidato del traffico turistico-ricettivo.

Secondo l’Osservatorio di Rescasa Lombardia (Associazione lombarda residence e appartamenti turistici), l’affitto breve a uso turistico di case private a Milano è arrivato a rappresentare il 51% del mercato contro il 49% degli alberghi. Mentre a Roma, secondo la società R&D hospitality, vale addirittura l’88% della ricettività.

Da qui la pressante richiesta di far pagare ai turisti delle temporary home, quella tassa di soggiorno che regolamenta i pernottamenti negli alberghi italiani. Esattamente come avviene a Parigi, dove è stata introdotta la formula del «collect and remit» per le circa 60 mila case in affitto sul sito Airbnb.

Nello specifico, il viaggiatore paga la tassa di soggiorno direttamente sul sito con la carta di credito; spetta poi ad Airbnb versare la somma raccolta ai Comuni. A Barcellona invece si è scelto di sospendere per un anno l’affitto di camere e appartamenti sulla piattaforma per consentire un rigido censimento delle strutture extra-alberghiere e delle temporary home adibite ad uso turistico.ricettivo.

Fonte L’Agenzia di Viaggi